Archivi del mese: maggio 2013

Vini Scirto. Una storia (Valeria Càrastro)

Vini Scirto. Una storia

Giuseppe Scirto aveva 5 anni quando per la prima volta, all’inizio delle vacanze estive, la sua mamma lo accompagna con la sua valigia alla stazione della circumetnea di Randazzo affidandolo al bigliettaio. Pochi chilometri sul trenino a gasolio che tutt’oggi lentamente viaggia intorno al vulcano per collegare i piccoli centri etnei. Il bigliettaio della circumetnea sa che Giuseppe deve scendere a Passopisciaro, lì c’è Don Pippino che aspetta il nipotino per trascorrere le giornate estive insieme nella vigna. Fino alla vendemmia Don Peppino, con l’aiuto di Giuseppe, tutti i giorni vanno in vigna e poco al giorno, nel tempo scandito dalla sirena, portano avanti i lavori di stagione. Dopo la sirena delle 16.30 il riposo diventa produttivo: si rientra in casa, e ripuliti dalla finissima polvere della vigna ci si ritrova alla piazzetta di Passopisciaro, nodo nevralgico del traffico locale. E’ il luogo in cui il viandante sceglie la direzione: Messina, Troina o Catania. Le direzioni sono incise su tre lastre di pietra bianca incastonate su una colonnina di nera pietra lavica ” ‘a culonna”, è così che la chiamano a Passopisciaro. La posizione è strategica. Qualunque sia la meta del viaggio il passaggio dalla “Culonna” è passaggio obbligato, come obbligata diventa la sosta del viandante per comprare ” ‘u vinu d’o Passupisciaru “. Era proprio alla Culonna che Don Peppino e Giuseppe passavano i pomeriggi a riposare la schiena e a vendere il vino ai passanti. All’ombra delle case in pietra lavica, seduti su un gradino i caldi pomeriggi di apparente ozio, rappresentavano la commercializzazione del prodotto del lavoro dell’anno prima.

Dopo la scomparsa di Don Peppino il percorso era naturalmente segnato. Giuseppe continua a lavorare la vigna come ha imparato dal nonno, alla colonna adesso va a bere l’acqua, e il suo vino, bianco e rosso, lo imbottiglia. Il nome bianco che si legge in etichetta è “Don Pippinu” mentre il rosso si chiama ” ‘A culonna”.

Li ho bevuti. E nel calice ho sentito i profumi intensi di una storia vera; ho visto i colori di una vita semplice, ho percepito la longevità di una cultura tramandata attraverso i gesti;

Accanto a Giuseppe adesso c’è Valeria, che lo segue in vigna e lo supporta tutti i giorni. A Valeria mancano pochi esami per completare i suoi studi in lingue, ma la sua priorità oggi non è la laurea ma stare in vigna accanto a Giuseppe. Insieme lavorano le vigne del nonno, vigne di oltre 80 anni coltivate ad alberello e suddivise in piccoli appezzamenti sparsi fra Passopisciaro e Randazzo. Sperano di vendere tutto il vino Giuseppe e Valeria, perché non sopportano di vedere vigne abbandonate e non gestite; vogliono comprarle, “perché sennò è peccato.”